Testo e fotografia di Vincenzo Battista.

I tornanti che salgono su Collebrincioni, frazione del comune dell’Aquila e poi, lasciato il borgo, una carrareccia risale nella contrada “il lago”, di pendio, insieme alla nebbia, che appena ci lambisce, ma ancora per poco, dentro quel cucchiaio carsico montano. Dopo alcuni giorni di attesa, l’appuntamento è fissato alle cinque di mattina in località “ San Giovanni”, pendici meridionali di Monte Stabiata, tra gli odori di timo e finocchio selvatico. Non è un trekking, e nemmeno un’escursione turistica, e quando i cani pastori abruzzesi dai canini luccicanti, minacciosi, posizionati militarmente intorno alla macchina, verranno richiamati, ci uniremo al lungo “viaggio” che Angelino De Santis, pastore di Arischia, sta per iniziare e che durerà dieci ore circa; dallo stazzo “le Grotti” di San Giovanni ( alt. 1100.m.s.l.m.) il gregge si muoverà in direzione del “Belvedere”, per gettarsi come nel quadro di Teofilo Patini ( vedi “L’Aquila”, un tempo conservato nella biblioteca provinciale “S. Tommasi” – L’Aquila) nella forra del bosco del Chiarino, questa volta non atterrito come nella grande tela dal rapace volteggiante che vuol prendere con i suoi artigli un giovane agnello, ma immergersi invece in quel micro clima carico di misteri leggendari dei 2800 ettari di faggio del Chiarino, attraversarlo poi, spingersi, risalire infine ai “Castati” ( 1700 m.), “Solagne”, nel versante sud del massiccio del monte Corvo ( 2623 m.) dove, in un pianoro attraversato da corsi d’acqua, pozze e olaci come non si sono mai visti, verrà costruito lo stazzo con reti e pali, che accoglierà la mandria fino a settembre. Sullo stesso ” cammino”, al termine della stagione estiva, il gregge tornerà a “San Giovanni”, poco distante da Arischia. Attraverseremo prestigiosi scenari, nicchie ambientali in continua modificazione, aree montane storiografiche incontaminate, ambiti geografici che hanno scritto la storia della città dell’Aquila ma, soprattutto, questo “cammino degli antenati”, e capiremo il perché, indicherà una delle più rilevanti permanenze legate alla transumanza verticale, all’immissione annuale di gregge nei pascoli di d’altura: una rarità etnografica nella “periferia” dell’Aquila per dimensioni e percorso. “ Ci spostemo da San Giovanni al Chiarino – ci dice Angelino – come faceva mio padre nato ad Arischia nel 1900 e mio nonno Luigi, classe 1856. Mio nonno si portava dietro mio padre passando per questa via. Però lui con il gregge si fermava allo stazzo della “Vaccareccia”, ai mandroni, che oggi è distrutto. Portare un gregge fino ai “Castrati” non è uno scherzo. Devi stare sempre accorto e capire che cosa può succedere. Dentro il Chiarino ci sono i lupi; se il gregge si allunga troppo, il pastore che sta avanti non vede i lupi che ti prendono le pecore…” nel largo sentiero racchiuso da faggi secolari la mandria è compatta, e acquattati, i lupi, ai bordi, trascinano un pecora, la scannano, per poi allontanarla e sbranarla: è un attimo. Si apre il cancello in legno dello stazzo “le Grotti” di San Giovanni. Turco, Drago, Pastorella, Tigre e Leone di nove anni, sempre sospettosi della nostra presenza, prendono posizione con i cani “toccatori” addestrati a muovere e guidare la mandria. Ci lasciamo alle spalle, salendo, una valle, località “ le Grotti”, un toponimo che indica una serie di cavità scavate nel calcare tenero della montagna e utilizzate ancora oggi per riparare il gregge e gli attrezzi agricoli. In una di queste c’è lo stazzo di Angelino. Salendo la valle e “Coste Renali”, sulla sinistra “ Colle Alto”, un antico insediamento pastorale con mandroni, macerine, e strutture a tholos : capanne pastorali in pietra utilizzate dai pastori – raccoglitori di cereali e legumi. Il gregge ora si dirige su una carrareccia formata da lunghi muri a secco, eretti per non far sconfinare il gregge dentro i terreni coltivati; vicino le pietre affioranti dal terreno dove si depositava il sale per le pecore. Raggiungiamo San Antonino, una stazione di culto dei pastori. L’edificio è una cappella con a fianco un ricovero per il bestiame e per gli uomini. Una struttura architettonica semplice per chiedere protezione al gregge e al lavoro agricolo. La mandria si allunga, si distende, le macchine si fermano, qualcuno scatta fotografie quando attraversiamo la strada provinciale del Vasto, per poi imboccare un percorso sterrato, stretto e tagliare in obliquo le pendici di monte San Franco in direzione Nord- Est, fino al “Belvedere”, dove sull’orlo i cani pressano il gregge. Scendiamo per il bosco di Chiarinello e poi del Chiarino. Qui la tradizione orale racconta che i briganti si riunivano ai Prati della Corte per emettere le sentenze di morte, mentre vivevano nel villaggio di Colle dei Briganti. Usciamo dal bosco e ci avviciniamo alla grande masseria della “Vaccareccia”. Sulla sinistra, imponente, le pareti frastagliate di Monte Corvo che con il suo allineamento ci guida su, fino ai “Castrati”, “ Sacco delle Solagne”. Più tardi, intorno alle ore venti, tutto è pronto. Lo stazzo è stato costruito. Il gregge entra nel recinto e Angelino chiude il cancello. Ormai è l’imbrunire, con monte Corvo che sembra una sorta di totem sacrale che si prende la notte, insieme al grande fuoco ridotto ad un tappeto di brace, con la carne di pecora sopra, tanta, anche per me, ospite inconsueto di questa lunga giornata dentro il cammino degli antenati. Sì, racconterò questa storia…

Scheda

Non è solo una transumanza verticale, che tuttavia presenta nel percorso e nelle motivazioni ambientali caratteristiche eccezionali, tenuto conto anche della progressiva riduzione dell’allevamento ovino; ma è anche la continuità l’aspetto più rilevante che fa di questa attività una specie di rito, di permanenza culturale, oltre che economica. Il suo compimento è nel “viaggio” che si realizza su basi storiche ed antropologiche e aggiungiamo generazionali. Esiste in questo contesto un accumulo di segni culturali: toponimi, esperienze personali, siti di architettura rurali e religiose, tradizione orale, narrativa fantastica dei luoghi che collocano il contesto geografico nell’ambito dei Beni culturali del Parco Nazionale Gran Sasso e dei Monti della Laga.

Le immagini.

Il percorso, in sequenza, dalla contrada “ San Giovanni” ( tra Collebrincioni e Arischia) alle “Solagne” di monte Corvo.

Museo Munda, L’Aquila.

I “particolari” delle opere d’arte esposte.
Le immagini rappresentano una serie di particolari tratte dalle opere d’arte esposte nel museo. Le montagne, i pastori, la vegetazione, i contesti ambientali degli autori abruzzesi fanno da sfondo ai soggetti sacri rappresentati in primo piano. I particolari, quindi, concorrono a restituire, forse, la montagna abruzzese a cui gli artisti si sono ispirati.

Gli autori, le opere.

Giovanni Paolo Cardone. La Madonna in trono con bambino, san Giuseppe, san Francesco d’Assisi, san Giovannino. Anno 1585, olio su tela / Giovan Paolo Donati. Tobiolo e l’angelo. Anno 1569, olio su tela/ Maestro abruzzese. Santa in preghiera. Anno 1528, olio su tavola/ Maestro abruzzese. San Francesco riceve le stimmate. Anno 1480 ca., tempera su tavola/ Sebastiano di Cola da Casentino. Annunciazione con l’Eterno. Ultimo quarto del sec. XV, tempera su tavola/ Leonardo di Sabino da Teramo. Madonna in trono con Bambino. Inizi del XV sec., tempera su tavola con fondo oro/ Maestro fiammingo. Natività. Primo quarto del XVI sec., olio su tavola / Scultore meridionale attivo nel XVI sec. Lo zampognaro/ Francesco da Montereale. Apparizione di Cristo al Beato Bernardino da Fossa. Anno 1515, tempera su tavola.

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