La terra del lavoro e della leggenda senza tempo.

Testo e fotografia di Vincenzo Battista.

Marzia e i centomila fuochi, i suoi abitanti. Lo capiremo. Ma poi mi dice: ” Ti racconterò io una storia, quando avrai finito il tuo racconto”. Accetto e inizio. Gesù, in una leggenda raccolta da Antonio De Nino, girava il mondo, e un giorno si trovò a camminare nel Fucino, chiedendo elemosina – forse come gli extracomunitari che lavorano i campi, mentre i loro figli riempiono le scuole dei paesi e non le fanno chiudere -. Ma la gente, continua il racconto, diceva “Perché non vai a lavorare?”. Stanco, sfinito dalla fame, Gesù disse fra sé:” Questo popolo mi ha negato un tozzo di pane, non mi negherà un ricovero”. Era ormai notte quando abbandonò le case dei ricchi avvolte dall’oscurità, dopo che, invano, aveva bussato. Si inoltrò allora nelle anguste e strette vie dove vivevano i poveri, ma non ci fu niente da fare. Infine, davanti ad una capanna gli apparve una vecchia lacera e smunta. ” Sono un povero in cerca di asilo – disse Gesù -. E la vecchia rispose: ” Entra e adattati alla mia miseria” – che spesso è la miseria della solidarietà, verso la diversità -. La donna aveva perduto il marito e i figli e viveva rassegnata alla volontà di Dio. Gesù dormì quella notte in un lurido giaciglio e quando spuntarono le prime luci dell’alba chiese alla donna di precederlo e di insegnargli il cammino per i monti di Marsia. La pregò, inoltre, di non voltarsi indietro fino a quando non fossero giunti ad Archippe (Trasacco). Giunti a quella località, Gesù scomparve, la donna si girò indietro e non vide più la Marsia. Al suo posto era sorto il lago Fucino. Adesso tocca a lui.

” Prima, la terra, qui nel Fucino, raccontavano gli anziani, era anche solidarietà; ci si aiutava, si dava il lavoro e c’era più umanità. Oggi il sistema è impazzito e ne fanno le spese gli ultimi, gli extracomunitari che vivono come animali braccati dalle leggi e dalla paura. Ma non tutti comunque: chi riesce a “sopravvivere”, spesso non può dire niente… Con una quadriglia di cavalli e il mito della terra il mio bisnonno – mi diceva – ha scavato insieme ad altri, nella seconda metà dell’Ottocento, il grande collettore del Fucino per prosciugare il lago”. La melma arrivava fino alla cintura, poi le febbri miasmatiche, i germi della malaria e la continua lotta per togliere l’acqua che ricresceva sempre, come per magia. Tutto questo nel grande cantiere del principe Torlonia che strappò alle acque qualcosa come 14.174 ettari di “terra nuova” da coltivare e ” inventò ” il destino della quarta generazione di imprenditore agricolo e della terra tolta dalle acque, che sembra scivolare ancora come acqua sotto i 300 cavalli della sua macchina, un trattore, ad altissima tecnologia che illumina la consolle dentro l’abitacolo: sembra quella di 747 dove dentro, oltre l’aria condizionata, previsioni atmosferiche satellitari, led, computer, sensori che leggono il suolo, elaborano dati e programmando il da farsi, le punte del vomere tagliano e rigirano la terra del lago, banchi di sabbia sottile arsi dalla secca, lasciandosi dietro una salutare devastazione per le semine, ma anche per raccolte particolari, quando la terra “luccica”. “Sì – dice -, quando la terra luccica; lo dicevano anche i miei antenati che le raccoglievano”: la testa di Minerva e la prora di una nave; oppure la testa di Ercole e ancora la prora di una nave; la testa di Giano, Mercurio, Giove, Dioscuro. Monete che emergono dal suolo, datate intorno al 200 – 250 a. C. lasciate nei santuari per propiziarsi il futuro salgono in superficie soprattutto quando si lavorano i campi in prossimità delle aree archeologiche o di quello che resta dei templi. ” Io fermo il trattore e sono guidato – conclude – da una piccola luce ” e forse chissà continua ancora a propiziare, ma non finisce di stupire: racconta la storia degli uomini antichi, delle acque e della leggendaria terra del Fucino.

Trasacco, davanti alle terre del Fucino, fino alla metà dell’Ottocento era ubicato su un’isola e spesso si utilizzavano le barche per raggiungerlo.