Indice generale dei cinque volumi.

PRIMO VOLUME.

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Presentazione.

L’area della ricerca.

Le ipotesi della ricerca.

La metodologia della ricerca.

Ambiente e ciclo lavori vitivinicoli.

Strutturazione delle cantine negli edifici della Valle Peligna

Sulmona e la vitivinicoltura. Un testimone privilegiato: Panfilo Serafini ( 1817 – 1864)

La vitivinicoltura nella tradizione orale (1° parte)

 

SECONDO VOLUME

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La vitivinicoltura nella Valle Peligna. Tradizione orale ( 2° parte )

Rassegna stampa “ Comitato antibrina”

L’ampeloterapia o cura dell’uva

Il Montepulciano

 

TERZO VOLUME

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Pedologia della Valle Peligna

Destinazione colturale dei terreni della Valle Peligna

Vallata di Sulmona

L’irrigazione dei terreni nel comune di Raiano

I contratti di miglioria

Proprietari e condizione dei contadini

Rassegna stampa

L’invecchiamento del vino

La vitivinicoltura della provincia dell’Aquila ( da T. Bonanni)

La cultura popolare, i proverbi , le poesie a braccio raccolte a Pratola Peligna

Inquadramento storico della vitivinicoltura

Viaggiatori e scrittori

La vitivinicoltura nella Valle Peligna

La produzione vitivinicola e le tipologie dei vitigni

Una, mosto e vino nei principali usi normativi nella Valle Peligna

Attrezzi, utensili e macchine in vitivinicoltura tra innovazione e tradizione

Scheda Montepulciano

Dati analitici medi relativi al Montepulciano e Cerasuolo

Disciplinare di produzione del Montepulciano

Invecchiamento del Montepulciano

Fondo dei giovani abruzzesi della Biblioteca “ S. Tommasi”, L’Aquila

Danni dal freddo sulla vite

 

QUARTO VOLUME

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Documenti vari riferiti a patti di lavoro

Macchine per la lavorazione , utensili, ambienti nella viticoltura

Inchiesta agraria. Documenti del commissario Angeloni. Relazione di  L. Susi, D. Tabassi

Descrizione del territorio delle “Tre Croci” sulla sommità del Morrone, attraversato dai contadini per andare in processione al santuario di “ San Bartolomeo”

 

QUINTO VOLUME

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La vitivinicoltura nella Valle Peligna nei documenti dell’Archivio di Stato, sezione di Sulmona

Bibliografia

Repertorio immagini fotografiche dei documenti rilevati presso l’Archivio di Stato, sezione di Sulmona

 

I volumi della ricerca

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Testo e fotografia di Vincenzo Battista

Premessa alla ricerca sul campo.

E’ noto come la coltivazione della vite ha interessato ampie aree del territorio della regione Abruzzo. E’ altrettanto noto però che solo in determinati distretti essa ha assunto caratteri di specializzazione e rilevanti significati economici. L’esigenza di documentare il sistema tecnologico – produttivo della vitivinicoltura tradizionale per il periodo post- filossera, ha permesso di individuare nel contesto socio –economico della Valle Peligna nella quale il processo innovativo, avviato appunto con il reimpianto delle viti dopo la distruzione dell’esistente da parte della filossera, si è dispiegato recuperando e sostituendo la vitivinicoltura tradizionale. Le innovazioni qui sono andate di pari passo con le generali innovazioni del mondo agricolo. Questo settore ha sofferto e pagato un prezzo che in generale ha pagato l’intero comparto dell’agricoltura. In particolare nella Valle Peligna sono state individuate due aree vitivinicole, quella di Bagnaturo e quella di Pratola Peligna, che evidenziano una forte specializzazione nel settore delle colture legnose in cui appunto è prevalente la vite, nella superficie agraria utilizzata nelle zone di esclusiva produzione del Montepulciano. In queste zone l’impianto e la coltivazione delle vigne ha rappresentato una fonte insostituibile di sostentamento per la famiglia contadina le cui condizioni di vita risultano, spesso, al limite della sopravvivenza. Dopo la scomparsa di questa coltivazione a causa dell’epidemia di filossera, l’introduzione dell’ibrido, ad opera di un proprietario terriero della zona, il dott. Colella e della qualità “francese”, i nuovi  impianti hanno rilanciato momentaneamente questa coltura da cui, si è detto, le famiglie contadine traevano un reddito per poter far fronte alle necessità della della vita quotidiana. La vite “francese” ha il pregio di produrre un raccolto abbondante tale da permettere un ricavo sufficiente a ripagare il lavoro e le spese, anche se di qualità, alle volte non regge il confronto con l’uva prodotta dalle viti originali del Montepulciano. La possibilità di rapidi guadagni,  per i prezzi di mercato produce in alcune decenni presi in considerazione da questa ricerca, produce un incremento della messa a coltura di nuove superfici a vigneto, a vantaggio dei proprietari di terre e degli intermediari e commercianti di uva. I contadini sempre vessati da contratti come l’affitto e la mezzadria (o alla parte), sono costretti a lavorare i primi anni dopo l’impianto quasi gratuitamente e negli anni successivi a cedere una parte del prodotto come corrispettivo dell’uso della terra, e l’altra parte per le necessità immediate del nucleo familiare. L’uva in questa zona è associabile allo zafferano nell’Altopiano di Navelli. Si può vendere subito per ricavare una somma di denaro per pagare i debiti e affrontare l’inverno imminente. Non tutti i contadini hanno a disposizione le strutture per trasformare e conservare l’uva. Anche tra loro esistono differenze sociali: ci sono i braccianti, giornalieri, mezzadri, affittuari. E’ una gerarchia sociale che va dai più poveri ai “ meno poveri”. La coltivazione della vite dunque marcia al pari passo con le stentate condizioni di vita che trovano una valvola di sfogo nell’emigrazione. Negli anni Trenta ai Cinquanta del Novecento si verifica il boom della produzione vitivinicola che si riduce e scompare con le notevoli trasformazioni degli anni Settanta fino ad arrivare agli anni ‘90 quando, la coltivazione della vite, rappresenta, una minima parte nel comparto già esiguo dell’agricoltura nell’economia dell’area geografica della Valle Peligna.

 

In autunno le botti vengono lavate e pulite dai depositi del mosto

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Una cantina di una importante famiglia proprietaria di vigneti a Pratola Peligna

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Paesaggio e lavoro

Lo studio sul ciclo della vitivinicoltura è stato realizzato in un’area della provincia dell’Aquila, la Valle Peligna, fortemente vocata per l’attività agricola sulla cultura della vite e del vino, e privilegiata rispetto alla posizione geografica che assume nell’ambito della morfologia territoriale della provincia, in ragione del clima e dei terreni  agricoli. Una posizione geografica centrale e un punto d’incontro ambientale ideale per le tecniche vitivinicole, per la lavorazione del suolo, e soprattutto per la peculiarità della cultura materiale. Inoltre, la Valle Peligna, ha conservato il primato della produzione e della qualità con il Montepulciano d’Abruzzo, un vitigno dalle qualità organolettiche privilegiate. La lavorazione del vino ha in sé tecniche e procedimenti agricoli tradizionali e si affida particolarmente alla cultura dell’habitat, cioè il prodotto vino si è stratificato su consuetudini di lavorazione soprattutto a conduzione familiare esaltando la qualità del vino e mantenendolo competitivo con altri vitigni regionali. La tematica principale della ricerca è stata la tradizione orale, che ha tratto materia dalle fonti bibliografiche, dalla ricerca d’archivio e dai carteggi privati di studiosi e operatori del settore vitivinicolo. Tra i vari documenti reperiti, si evidenzia il carteggio del dott. Guido  Giuliani, così acquisito da parte dell’Amministrazione provinciale dell’Aquila: potrà essere messo a disposizione presso la Biblioteca Provinciale “ S. Tommasi” per approfondimenti e per ricerche in materia. Il carteggio si compone di dattiloscritti, ricerche monotematiche, articoli sul vino e pubblicazioni di libri sulla viticoltura. Le testimonianza della tradizione orale, nucleo principale della ricerca, sono state rilevate da interlocutori appartenenti ad una fascia di  età compresa tra i 55 e i 70 anni. Gli interlocutori interpellati, nell’ambito territoriale della Valle Peligna, e in particolare nel paese di Pratola Peligna, centro agricolo di maggiore produzione del vino, sono stati protagonisti in prima persona e hanno fatto parte di diverse categorie del mondo del lavoro: coltivatore diretto, e mezzadro, affittuario, bracciante. Questo beckground si è reso necessario per delimitare le linee dell’area della ricerca in relazione alla tradizione orale per rintracciare miti, credenze, ancoraggi delle culture storiche del vino, per far affiorare tecniche di lavoro ormai obsolete ma comunque ancora praticate nell’ambito domestico, familiare, del nucleo contadino, che conferma così la sua piena aderenza alla cultura storica del lavoro anche se in parte mutata dalla meccanizzazione e dal fenomeno del regresso evidente delle coltivazioni dovuto esubero delle produzione vitivinicola presso la C.E.E.  La conseguente ripercussione sul mercati è la dismissione delle coltivazioni  e l’estirpazione delle piante anche sulla base di incentivi economici. La meccanizzazione per altro, se diffusa nelle aziende agricole, è limitata al trasporto dai campi al luogo di lavorazione, mentre la trasformazione e la lavorazione, avviene, ancora, diffusamente, in ambienti contadini dove si notano le vasche in pietra ( pozzetto), il torchio in legno, ed altri utensili per lavorazione del mosto. Questa osservazione è stata soprattutto evidente nei centri di Corfinio, Pratola Peligna, Vittorito, Bagnaturo, Raiano. La dismissione delle coltivazioni e l’estirpazione delle piante sono dati preoccupanti per il futuro della viticoltura. A questo si aggiunge il vistoso calo della domanda interna di acquisto del vino che resta invenduto per parecchi mesi, creando notevoli problemi, anche nell’ambito della famiglia. Oltre alle inchieste sulla famiglia contadina, sono state raccolte testimonianze e dati anche sul versante di lavorazione semi industriale per la produzione del vino, attraverso le cantine vitivinicole di lunga tradizione presenti nella Valle Peligna, che contribuiscono alla ricerca e formano un “ fondo” di documenti sulla cultura del vino. Il ruolo centrale delle testimonianze che sopperiscono alla mancanza di dati storici ( metà Novecento) conferisce alla ricerca sul campo lo strumento per la ricostruzione del paesaggio sociale contadino, come più volte è stato evidenziato anche in altri ambiti di ricerca. Le inchiesta sul campo hanno permesso di ricavare notizie sui rapporti interpersonali, che con il vino e la vite coesistono in quanto, insieme alla coltivazione del grano, hanno rappresentato le massime risorse economiche per la famiglia contadina. Per le fonti bibliografiche, oltre al lavoro di ricerca nella sezione dell’Archivio di Stato di Sulmona, negli archivi di privati cittadini, in particolare a Pratola Peligna, alcuni dei quali hanno chiesto di non essere menzionati, sono state privilegiate tuttavia le pubblicazione di carattere locale, i manoscritti, le rassegne stampa sull’argomento, al posto di opere manualistiche, in numero rilevante, inidonee a segnalare ed offrire un contesto aderente alla realtà dell’indagine sul campo. Per ultima annotazione si segnala il contributo di un esperto di rituali, di feste popolari, dei segni e azioni a cui veniva conferito valore apotropaico. Questo aspetto, tra l’altro inedito negli studi diffusi sull’argomento, è presente nel seguente lavoro di ricerca.

 

Una cantina scavata nella roccia. E’ stata ricavata una vasca, il pozzo, per la lavorazione dell’uva

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Il mosto dopo la torchiatura dell’uva in una grotta ricavata sotto l’abitazione contadina

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Le ipotesi della ricerca

Nella Valle Peligna la coltivazione della vite per la produzione del vino è ampiamente documentata fin dall’antichità. Di frequente sia negli scrittori latini che in quelli medioevali e moderni si ritrova non solo la menzione relativa alle tecniche di coltivazione della vite, di produzione del vino, della qualità dei vitigni, ma anche il valore economico di questa coltivazione, oltre a notazioni di costume sull’uso del vino. Proprio il vino, in particolare, è oggetto di una voluminosa documentazione storica, economica e sociale. Agli studi che ne mettono in evidenza la produzione, la conservazione, il commercio, il consumo, tanto per definire una prima sequenza, si affiancano monografie specifiche tendenti ad illustrarne il valore, le caratteristiche e la composizione chimica, il valore nutritivo e curativo, gli aspetti magico religiosi, il simbolismo, oltre a descrizioni poetiche e letterarie. Il vino è il protagonista che entra nelle storie personali e comunitarie in termini esaltanti, ma anche distruttivi quando si lega all’abuso; è il protagonista di larga parte della storia economica delle comunità contadine della Valle Peligna. Attorno al vino si accendono interessi e si tessono rapporti politici. E’ lo strumento di arricchimento ma anche di degradazione; è un prodotto della terra che modella non solo il paesaggio agrario ( l’impianto della vigna, i lavoro di preparazione del terreno, ecc.) ma gran parte dell’ambiente sostituendo altre coltivazioni, occupando superfici, determinando l’assetto del territorio. Attorno all’impianto della vigna e alla produzione del vino si costituisce un “universo”, che esprime attraverso il lavoro, le necessarie competenze tecniche per la coltivazione dell’uva e la sua trasformazione in mosto – vino; attraverso il ciclo annuale un continuo ritorno alla terra e ai suoi lavori; attraverso i rapporti tra contadini e proprietari, tra produttori e commercianti, tra questi e i consumatori, istituendo in definitiva un bagaglio rilevante sotto vari aspetti. Che la coltivazione della vite e la produzione del vino rappresentino nella Valle Peligna un settore importante del mondo agricolo ancora vivo fino a qualche anno fa, è innegabile. La vite era importate nelle vicende di questa terra da identificarsi con la terra stessa. Diventa misura materiale e sociale come afferma Leopoldo Susi nella “ Memoria sulla viticoltura nella vallata di Sulmona”, allegata all’Inchiesta  Agraria sulla condizione delle classi agricole, relazione del barone Giuseppe Angelone. Il decollo della vitivinicoltura dovuto in tempi recenti alle moderne aziende presenti in questo settore, che hanno affermato anche i marchi DOC, e a particolari vicende storiche, politiche e fiscali, ha riproposto l’attenzione su questa coltivazione – produzione  su una particolare area di espansione oggetto della ricerca. Le ipotesi di studio e ricerca intendono avviare un “primo bilancio” in termini generali e particolari di un’esperienza nata su un modello storico-sociale che è quello della civiltà agro-pastorale oggi profondamente trasformata e in via di estinzione in molte aree della nostra regione. Si tratta di procedere, per un verso ad una nuova tappa nella ricognizione del mondo agricolo, per l’altro di approfondire ulteriormente quanto già elaborato in precedenti ricerche su cui è stato già dato ampio resoconto con il volume “ La via del grano”.

 

 

La vendemmia del Montepulciano d’Abruzzo

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La vendemmia dell’uva in un impianto a pergola

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Il taglio e la selezione prima del trasporto nella cantina contadina

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Metodologia di ricerca

“ Un’Amministrazione pubblica deve prendere decisioni orientate al più alto grado di documentazione e tener conto che nella maggior parte dei casi…” la conoscenza della storia di particolari settori della vita economica e sociale del proprio territorio, anche attraverso la “cultura materiale”, che si esprime negli oggetti, utensili, storie personali, paesaggio vissuto. Gli oggetti assumono un loro significato ben preciso se inseriti nella ricostruzione storica e antropologica di particolari contesti. Il loro studio offre la possibilità di ottenere risposte su temi e problemi non trattati dalle fonti colte e rappresenta un terreno di indagine nella prospettiva di una politica culturale che proprio l’amministrazione pubblica, per sua natura, deve sollecitare, attuare e garantire. Sulla base di questa motivazione che si propone lo studio, la conservazione e la valorizzazione del “patrimonio materiale” ancora esistente, l’indagine appunto sulla viticoltura nella Valle Peligna, effettuata con la metodologia dell’inchiesta sul campo. Alla definizione del problema, alla valutazione e selezione dei dati e delle informazioni disponibili, all’analisi della bibliografia e dei documenti d’archivio, a tutta la necessaria documentazione preliminare, è seguita la “discesa sul campo”. Essa si è articolata nella “raccolta della fonte orale” attraverso la registrazione di interviste ai testimoni- protagonisti del mondo agricolo ancora esistente, per documentare le tecniche colturali della vite e i processi di vinificazione. In ausilio alla fonte orale, che ha rilevato il patrimonio di conoscenze dei contadini che coltivano la vite, si è utilizzata alche l’etnofotografia, il rilievo topografico, la schedatura tipologica, la rilevazione delle indicazioni nelle mappe catastali e geografiche, allo scopo di individuare contesti di coltivazione e produzioni che permettessero di ricostruire il ciclo della vite e del vino. Contesti poco disponibili alle innovazioni perché legati alla modesta estensione degli appezzamenti ancora coltivati a vite; alla possibilità di integrazione del reddito da parte di contadini – operai e contadini – pensionati e quindi non soggetti nel tempo alle trasformazioni e innovazioni. Un mutamento che non ha potuto cancellare i luoghi e soprattutto la “memoria” che esprime la fonte orale.

 

La selezione delle uve bianche prima della torchiatura manuale

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Bagnaturo, frazione di Pratola Peligna. Le grandi botti vengono preparate per accogliere il mosto dopo la vendemmia e la pigiatura dell’uva

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La festa dell’uva e della vendemmia a Pratola Peligna

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