Testo e fotografia Vincenzo Battista.

Le decorazioni musive così come tutto l’impianto interno della Basilica di San Vitale a Ravenna, iniziata nel 527, sotto il dominio dei Goti, costituiscono una sorta di arca della conoscenza, della sapienza e meraviglia che non ha eguali.Nel buio della Basilica è sufficiente accendere una candela per avere illuminato, nei marmi e dalle tessere del mosaico, molte rivestire in oro zecchino, l’intero luogo della sacralità di grande suggestione visiva. Architettura bizantina, esperienza autoctona romano – ravennate, l’apparato musivo ricopre la cupola, le torri scalarie, capitelli, transenne, presbiterio, abside poligonale d’ispirazione appunto bizantina delle forme architettoniche nel linguaggio del mosaico. Tutto questo fasto e prestigio comunicativo, attraverso la tecnica del mosaico, è focalizzato in particolare nei due cortei preminenti e centrali della Basilica, con il seguito, che recano i regnanti i doni (come i re Magi). Le due pannellature nel catino centrale absidale si manifestano nella scenica e pura stesura dei mosaici e marmi di rara preziosità. La ricerca plastica e dinamica dei personaggi, l’imperatore Giustiniano e sua moglie Teodora. Giustiniano mostra la patena d’oro tenuta in mano, il suo manto purpureo poiché lui è la divinità imperiale (con l’aureola), i grandi occhi, il volto autorevole concentrato e assorto, i capelli che scivolano intorno alla corona, i lacci fermacapelli preziosi. Le tessere collocate con sapienza, guidate e composte nel concetto di ombre e sfumature del viso. Il corteo di Teodora. L’imperatrice, ma prima danzatrice e prostituta, con una corona opulenta di gemme e pietre preziose in un viso tondo che sembra smarrito. Dalla stessa corona scendono le linee verticali di madreperla fino al suo petto, poi gli orecchini di gemme e l’aureola. In mano reca un calice. La ricca veste purpurea, i ricami dorati, i doni che ostenta, il diadema di madreperla e il fasto della corte di Bisanzio. Dietro di loro le tessere d’oro rivestono la nicchia conchigliata simbolo di immortalità. In questo corteo si manifesta un naturalismo enigmatico: un cortigiano distende il braccio per aprire la tenda al passaggio dell’imperatrice. Un gesto desueto in quella postura dei personaggi quasi fossero davanti ad un giudizio divino, è forse la rottura del protocollo comunicativo nel contesto del corteo sobrio e contenuto, senza segni emozionali. Appunto questa statica visione è interrotta forse per consentire un proseguo immaginario della corte che si ritira dopo aver onorato con i doni Gesù e la Sacra Famiglia, ma che non appare, alla maniera immaginata e semantica dei re Magi. L’imperatore Giustiniano e sua moglie Teodora non vennero mai a Ravenna. Resta l’omaggio dei due personaggi resi, appunto, sacri a loro insaputa.